sabato 5 marzo 2011

Perché "Anni 10"


Perché gli anni ’10? Perché giocare con momenti così apparentemente lontani come il 1911 –ma non solo- e il 2011?
Perché riprendere storie, racconti, uomini e vite che non sono più nel tentativo di ridare loro voce nel confronto con la nostra quotidianità che si dipana al volgere tra due secoli?
Viviamo un continuo presente fatto di aspettative, sogni, speranze e ricordi che si rincorrono tra qualcosa che non è più, il passato, e qualcosa che non è ancora, il futuro. E questo essere così propri di ciascuno e nel contempo impalbabili parti di una grande coscienza collettiva ce li rende talvolta difficili da accettare e comprendere.
Confrontarsi oggi con le vite di uomini e donne che non sono più, ma che come noi vissero angoscie ed emozioni di un secolo che se andava e di un altro che si apriva può forse essere uno stimolo a riguardare oltre le nostre singole esistenze nel tentativo di cercare significati altri nel rapporto con l’alterità dell’esperienza dei nostri simili.
Quel ‘900 che sembrava aprirsi all’insegna del progresso, delle grandi esposizioni internazionali, dell’uomo destinato a compiere il sogno leonardesco del volo, sarebbe poi stato definito il secolo breve perché stretto tra due guerre mondiali e milioni di morti senza un motivo. Così ne avrebbe portato su di sé le cicatrici fino al suo concludersi, e così sarà ricordato nei libri di storia e studiato dalle generazioni che verranno. Ma noi che lo abbiamo vissuto, noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscere uomini e donne che quelle tragedie portarono sulla loro pelle, noi per primi abbiamo dimenticato travolti dall’allegria del boom economico e del benessere a portata di mano per tutti.
E oggi di nuovo vediamo le nostre aspettative rischiare di essere spazzate via da un incertezza per il futuro che eravamo certi non ci appartenesse più.
E oggi come allora ci facciamo domande e cerchiamo risposte, o forse, in molti diamo risposte senza troppe domande. Quelle stesse domande a cui uomini e donne di cent’anni fa hanno cercato risposte trovate talvolta troppo tardi nelle lettere scritte alle madri e agli amori dalle trincee di ogni frontiera.
Uno storico scomparso non molto tempo fa ha scritto: “ancora una volta l’umanità, giunta ad un bivio decisivo tra la vita e la morte, viene condotta nella direzione sbagliata”. Ebbene, io credo che oggi dimenticare la storia, appiattirla nella quotidianità del presente sia solo interesse di alcuni che vogliono inquinare il senso del vivere civile per fini particolari.
Così io, e il mio compagno di viaggio Sergio, vogliamo provare a ricominciare a raccontare storie di oggi e di ieri con parole nostre e di altri, così oggi, 5 marzo 2011 vogliamo ricominciare a pensare dal 5 marzo 1911.

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