giovedì 26 maggio 2011

Con Stefano Raimondi..

Oggi Anni '10 vi regala una vera chicca, una chiacchierata con Stefano Raimondi, uno dei più apprezzati poeti e critici letterari contemporanei..
Ciao Stefano,
nel nostro blog cerchiamo di far riflettere partendo dal fatto che siamo all’inizio di un nuovo decennio, di un nuovo secolo, di un nuovo millennio e nessuno sembra essersene accorto. Per te cos’è il 900 e come vivi questi anni?

Accorgersi che il millennio è cambiato non è un problema per me almeno, che non ho mai osato imbattermi oltre l'immediato dintorno dei problemi da risolvere nella contingenza del futuribile. Il guaio maggiore è che la gente non si è ancora accorta che noi stiamo per essere cambiati quotidianamente, ora dopo ora da un “irrealtà” che si basa unicamente sulla apparenza concreta del sembrare. Il nostro “secolo breve” ci ha lasciato grandi scoperte, grandi personalità, bellissime idee e progetti peccato che abbia lasciato posto anche all'evento della Shoah che ha azzerato ogni possibilità di riscatto verso la “persona”. Ma per fortuna le “persone” sono possibilità d'incontri e di cambiamento e mi auguro che quell'evento brutale e inumano abbia lasciato la sua reale testimonianza. (“Ma chi testimonia per il testimone?” dice un bellissimo verso di Celan). Ad ogni modo per me il Novecento è anche il mio calco, la mia storia letta in presa diretta e dunque il mio passaggio nel e del mondo. Sono figlio del Novecento e sono erede anche di tutte le contraddizioni che il secolo passato ha fatto esistere e di questo ne porto e ne portiamo i segni. Per fortuna ho incontrato Maestri che hanno saputo come trasformare il tutto; autori che mi hanno fatto crescere, persone che mi hanno amato.

Oggi parlare di poesia sembra fuori moda..per te che le hai dedicato una vita cosa rappresenta?
La poesia è un genere della letteratura che ha una sua vita autonoma, eteronomia indipendente e relazionale ad ogni cosa a chiunque la sappia ascoltare, vedere, sentire, pensare. Ho nei suoi riguardi un sentimento di reverenza pulita, laica, sensuale che mi lascia sempre uno spazio dove poter dire sì, ci sono! Essa come dice Giancarlo Majorino “orienta gli orientatori” e di questo ne sono convinto. La poesia non rappresenta nulla per me: “È” nella sua semplice ed incondizionata maniera di farmi esistere, di farmi esporre!

Cosa significa fare poesia ed essere poeti oggi?
Fare Poesia è un vero e proprio “fare” della lingua e del linguaggio oltre che ad essere uno “stile” del proprio respiro: un modo di stare al mondo. Essere poeti oggi è essere tra quelli che vedono dai margini il centro mobile e spastico di ogni cosa, di ogni atto, di ogni conseguenza. I margini di un mondo dove le pozze d'acqua possono far vedere il sole che riflettono e farlo sembrare vero. Il poeta è l'idiota dostoevskjano, è l'uomo colto nella procedura elementare delle sensazione e dell'approvazione, è colui che riassume in sé la kafkiana “incerta franchezza” del vivere, ma è la persona che nella sua marginalità sociale viene magicamente creduta. È questo farsi credere che fa sì che poeta sia colui che sa come rasentare il vero per dirlo, per pronunciarlo dalle sue sgangherate prossimità.

Scrivi:
“Sbarcare così non serve, ora
che non porto niente, rubato
come sono, tolto, spento
a poco a poco come i miei figli
gonfi, bianchi, cresciuti dai fondali:
boe disperate, inutili e leggere
Il dramma di questa umanità in cammino ferisce al pari dell’indifferenza dei nostri governi. Qual’è secondo te la via per tornare a fare comprendere alle persone l’immensità di queste tragedie?
Questo passo se non ricordo male appartiene ad un testo che scrissi dopo le morte dei profughi a Lampedusa anni fa. Gli sbarchi dei profughi, la loro morte e la loro disperazione non importa a nessuno , almeno è così che la televisione e i giornali ci fanno credere. Non penso che sia assolutamente così. Penso che nel nostro essere così politicamente squinternati in realtà possiamo fare molto per il prossimo, soprattutto agendo sulla nostra naturale camaleontica capacità di adattamento al nuovo, al sempre vecchio e all'altro. I nostri governi lo vediamo proprio in questi giorni pre elettorali sono patetici e disarmanti. Usano qualsiasi mezzo di screditamento umano per portarsi il popolo dalla loro parte.
Ho fiducia nell'individuo e nella persona e spero che questo porti saggezza più che ricchezza.


Spesso nelle tue poesie parli del rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Stefano, dove stiamo andando?
Stiamo andando dove sapremo come fermarci, come diventare parte di ogni cosa. È inutile il nostro accanimento e il nostro povero perbenismo eco e bio-illogico.
La natura approva i gesti che la fanno crescere e generare, gli atri li rifiuta, li abortisce. La nostra incuranza ora troppo asettica e stilizzata sta facendo danni incalcolabili. Dovremmo pensare sempre che alla fine siamo noi la natura e siamo noi i luoghi che ci rendono possibili come probabili.

Semplicemente grazie Stefano, alla prossima!

Stefano Raimondi (Milano, 1964) poeta e critico letterario, laureato in Filosofia (Università degli Studi di Milano). Sue poesie sono apparse nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2006). Ha pubblicato Invernale (Lietocolle, 1999); Una lettura d’anni , in Poesia Contemporanea. Settimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2001); La città dell’orto, (Casagrande, 2002); Il mare dietro l’autostrada (Lietocolle, 2005), Interni con finestre (La Vita Felice, 2009). È inoltre autore di: La ‘Frontiera’ di Vittorio Sereni. Una vicenda poetica (1935-1941), (Unicopli, 2000), Il male del reticolato. Lo sguardo estremo nella poesia di Vittorio Sereni e René Char, (CUEM, 2007) e curatore dei seguenti volumi: Poesia @ Luoghi Esposizioni Connessioni, (CUEM, 2002) e [con Gabriele Scaramuzza] La parola in udienza. Paul Celan e George Steiner, (CUEM, 2008). È tra i fondatori della rivista di filosofia “Materiali di estetica”. Collabora a “PULP libri”, “Più Libri”, “Poesia” e tiene corsi sulla poesia in diverse associazioni culturali e strutture scolastiche. Curatore del ciclo d’incontri “Parole Urbane”.

lunedì 23 maggio 2011

23 05 92 - 23 05 2011

Capaci 19 anni fa, Capaci oggi di tenere gli occhi aperti e lottare per liberarci. Da tutte le mafie.
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro
19 anni fa ero un ragazzino che pensava a cose a cui penso ancora con grande piacere: 
il calcio, gli amici...
non avevo nessun tipo di sentimento civile, non leggevo giornali e non guardavo che partite e cazzate.
Poi Capaci, e in questa poesia tutto quello che ho provato o quasi tutto perchè sono cose che provo anche oggi:

Esplode la mia tranquillità,
occhi che rincorrono frantumi,
nel futuro che oggi non sarà.

Sventolo quotidiani,
pensieri di pubblica paura,
in un passato che mi sfiora le mani.

Parto con le immagini,
piedi senza ancore,
in un presente di fulmini.

Vecchi che mi scaldano,
il mio cuore a caccia di perché,
in questo oggi di seconda mano.

Il vento ora si riposa,
lacrime che si strattonano,
su quell’asfalto qualcuno lascerà una rosa.




lunedì 2 maggio 2011

Se sbaglio mi corriggerete..

Ieri guardavo la messa di beatificazione di Karol Wojtyla, asceso al soglio pontificio nel 1978 con il nome di Giovanni Paolo II; al di là delle considerazioni sulla magnifica esibizione di potere, tradizione ed eleganza che la solenne celebrazione ha offerto, credo sia mio compito come blogger di Anni ’10, e come storico della Chiesa, offrire qualche spunto di riflessione su un pontificato e un pontefice che a prescindere dai giudizi che se ne possano dare hanno indiscutibilmente segnato il secolo appena trascorso.
Nel lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II credo si possano cogliere due linee opposte ed estremamente interessanti. Da un lato egli fu indubbiamente un grandissimo comunicatore sin dal momento della sua elezione “se sbaglio mi corriggerete”, e della sua prima celebrazione nella quale pose di fatto le basi teoriche per tutto il suo regno:
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!
Fu il primo vescovo di Roma a saper utilizzare con indubbi efficacia radio e tv sin da quando si fece ritrarre atletico e sportivo sulle montagne che amava, fino alla fine quando non si vergognò di mostrare al mondo tutta la sofferenza della malattia. Fu instancabile promotore sin dal 1983 delle Giornate della Gioventù che coinvolsero in tutto il mondo milioni di giovani. Nel contempo si fece promotore di un dialogo interreligioso spesso estraneo ai suoi predecessori e, purtroppo, successori che lo portò anche a ripetuti incontri con la Chiesa Ortodossa nel difficile tentativo di una forse impossibile riconciliazione.
Dall’altro lato egli fu portatore di una concezione di Chiesa Cattolica estremamente monarchica e conservatrice. Giovanni Paolo II infatti non rispose mai alle istanze di parte delle gerarchie ecclesiastiche per l’apertura di un nuovo Concilio Vaticano, e in tal senso si muove anche l’indicazione di Joseph Ratzinger come suo possibile successore. A lui infatti in occasione della celebrazione dei riti pasquali del 2005, poco prima della morte, fece tenere una durissima meditazione sulla "sporcizia della Chiesa Cattolica" circa le sempre più dure e circoscritte accuse di pedofilia a esponenti della chiesa americana e irlandese. E in merito a questo tema, non casualmente, Benedetto XVI si mostrerà poi eccezionalmente sensibile e rigido nelle condanne.
Wojtyla espresse spesso posizioni estremamente dure nei confronti di temi etici “caldi” quali l’aborto
C'è ancora, tuttavia, una strage legalizzata di esseri umani che sono stati concepiti ma non sono nati. E questa volta stiamo parlando di una strage che è stata permessa nientemeno che da parlamenti democraticamente eletti, dove normalmente si ascoltano appelli per il progresso civile della società e di tutta l'umanità
l’omosessualità e l’uso del preservativo. Tuttavia non deve né stupire né scandalizzare, la posizione difensiva e conservatrice della Cattolicità romana –altrettanto lecita di una più aperta al progresso- era già stata scelta come unica via con l’elezione di Paolo VI se si esclude il brevissimo e fondamentalmente non rilevante pontificato di Giovanni Paolo I.
Il papa polacco, pienamente uomo del ‘900, verrà indubbiamente ricordato anche per la sua strenua lotta al comunismo avviata con il sostegno al sindacato cattolico polacco Solidarnosc dell’amico Lech Walesa; ed è indubbio il ruolo della sua azione sul crollo dei regimi sovietici. Non è però mia intenzione qui dare un giudizio su una figura così rilevante per il secolo passato, e nemmeno ad oggi credo si possa fare un bilancio oggettivo e sereno del suo pontificato, è però indubbio che egli in molti modi diversi riuscì a riavvicinare alla Chiesa cattolica molte persone, molto più di quanto riesca a fare, pur nella perfetta continuità teologico-dottrinale, il suo successore.
m.