giovedì 10 marzo 2011

Fantavita precariata


La mia generazione ha conosciuto il Subbuteo e la play-station, i libri della biblioteca rionale e l’I-PAD, il Commodore 64 e facebook, il walk-man e l’MP3.

Potrei andare avanti parecchio con immagini che ci mettono a pieno titolo in un’età dei cambiamenti, in un’epoca che qualcuno ha chiamato dei crolli perché segnata da cadute e abbattimenti che hanno modificato la storia (Berlino e Ground Zero per dire i due più eclatanti).

Questa introduzione verrà forse un giorno sfruttata per entrare nel cuore della questione: cosa ce ne siamo fatti noi di questi cambiamenti e come li abbiamo vissuti.
Limiti, possibilità, paure e speranze le ho sempre avvertite come presenze e le persone che mi spaventano sono quelle che non se ne sono accorte.
E’ cambiato quello che c’è nel sacchetto ma non tutto il resto, a loro basta comprare quello che gli si dice di comprare e più che crescere sbiadiscono.
Abbiamo dato tante volte la colpa alla politica (vero che per chi ha conosciuto Berlinguer D’Alema resta una ferita aperta…) ma l’impressione è che non possiamo chiedere agli altri di fabbricarci i nostri sogni.
Una volta uno lavorava per costruirsi il suo futuro, oggi per tanti il posto di lavoro è un sogno e questo mica aiuta.
Non voglio scrivere un trattato sulla precarietà ma anche qui siamo a metà: a Bergamo si dice essere assunti a libri. A pensarci ora è tanto che non si dice più e ormai anche chi lavora in banca o in comune ha certezze semestrali (Mi è venuto anche in mente che ci fanno mutui di 45 anni e contratti di lavoro di tre mesi…).
Sentiamo di dipendere dai genitori ancora tanto, spesso quando genitori lo siamo già anche noi e questo mette ansia. Al contempo viviamo sopra le righe pagando l’inutile a carissimo prezzo.

Delle volte sento che siamo come lacerati fra un passato recente e un oggi dove la parola futuro sembra essere scabrosa.

Tutto viene gestito, amministrato, sono pochi i voli gli slanci.
Grandi opere sociali e storie imprenditoriali sono nate così, oggi nessuno pratica il rischio in queste cose riservandoselo per il tempo libero appesi a un elastico  lanciati da un ponte o robe simili.

Più mi addentro in questi temi e più mi sfiora il pensiero poco rassicurante che tutto questo possa dipendere anche da noi.
Eh già è molto più semplice cercare i colpevoli fuori da noi e non ci mancano certo i responsabili di questa stagnazione dove si sorride giusto all’aperitivo.
E riprendersi in mano la vita? E fermare la discesa che ci porterà ad essere vecchi tristi insoddisfatti??

Qui ognuno deve fare i suoi conti sia chiaro, ma altrettanto urgente sarebbe metterli insieme i sogni, cercare di guardare non da soli oltre a lunedì mattina.

Perché oggi è lunedì’ mattina e non fa neanche finta di smettere di piovere e l’unica cosa che avrei voglia di fare è controllare i risultati del fantacalcio che dopotutto è l’ideale per chi, come noi, sa giocare sia a Subbuteo che a Play – station.

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