giovedì 3 novembre 2011

ricordi



Se ne era andato in una primavera di tanti anni fa, portato via dall’incoscienza e dalla paura vigliacca di chi invece avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Dei quattro era il fratello maggiore, ma fu l’unico a conservare intatto il soprannome di quando era bambino. La storia triste di un padre scappato aveva fatto sì che sua madre scegliesse per lui il collegio nell’illusoria speranza di vederlo crescere ben nutrito e studioso. E non se lo perdonò mai da quando glielo fecero vedere morente nella sua stanzina del collegio di Casteggio. Forse solo chi ha conosciuto il dolore per la perdita di un figlio può sentire gli echi di quella sofferenza lontana e può immaginare la cura con cui quella madre piegò il vestitino della sua prima comunione e  lo portò con se come amarissimo ricordo per tutta la vita. E con quella vestina una ciocca di capelli come a volersi legare per sempre a quel dolore.
E fu invero così, il nome di quel figlio perduto tornava spesso sulle sua labbra con rabbia e dolore fino agli ultimi tempi quando si perse nei sentieri della mente tornando ella stessa bambina a desiderare l’abbraccio di una mamma.
Ora anche lei se ne è andata, e mi piace pensare che, se davvero esiste un posto in cui ci ritroveremo tutti un giorno quando avremo estinto il nostro debito con la carne, lei lo abbia incontrato là. Li immagino corrersi incontro, lei con i capelli cotonati e le gonne lunghe di una bella donna degli anni Cinquanta senza più tristezza e dolore negli occhi, lui con il sorriso sbarazzino di un bimbo di dieci anni che da tanto, troppo tempo altro non desidera che riabbracciare la sua mamma.

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